Palazzo Beneventano (Sec. XVIII)
Tra i palazzi della città è quello più caratteristico per la sua imponenza architettonica, per il suo stile barocco, per la sua originalità e per il colore della pietra “di un colore giallo-oro che al sole acquista un’indescrivibile opulenza” così come ne sottolineò Sir Anthony Blunt , per la sua estensione circa 300 mq., per il simbolismo dei suoi mascheroni, teste di moro rievocanti la vittoria dei Normanni sui Saraceni nel 1091, per la sua collocazione urbanistica alle pendici della vecchia città fortificata posta sul colle di San Matteo.
Dal punto di vista urbanistico la struttura ha una posizione baricentrica rispetto ai due valloni della Cava di Maria La Nova e di quella di San Bartolomeo.
L’edificio si presenta architettonicamente ad angolo, con le due facciate laterali raccordate in alto da un cornicione e al centro da un cantonale. Il cantonale centrale porta nella parte superiore due chiavi rappresentanti due teste di negri posti sotto lo stemma, in quella centrale dei finissimi fregi composti alternativamente da bugne diamantate e da bugne lisce rettangolari, nella parte bassa una statua finemente scolpita. Nelle due facciate laterali del palazzo i balconi sono sorretti da mensole caratterizzate da teste tigroidi mentre nelle porte gli stipiti sono chiuse da grandi teste di moro contraddistinti da occhi esorbitanti che escono fuori dalle orbite e da una lingua che esce fuori dalle labbra.
Storicamente la sua costruzione, secondo gli studiosi, si fa risalire intorno alla metà del settecento quando l’idea, dopo il terremoto del 1693, era di trasferire a valle la città.
Il Palazzo nel giugno del 2002 è stato inserito insieme alla via Francesco Mormino Penna nella World Heritage List o Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco.
Palazzo Fava (Sec. XVIII)
Posto ad angolo tra Piazza Italia e via San Bartolomeo è tra i primi palazzi in stile barocco presenti in città dopo la ricostruzione del terremoto del 1693. Architettonicamente il palazzo si presenta a due piani con due facciate raccordate ad angolo, nei due prospetti di piazza Italia e via San Bartolomeo, da un cantonale fatto a paraste a bugne diamantate e da un cornicione decorato da una fitta dentellatura.
Interessanti per la ricchezza di decorazione sono i balconi, particolarmente quelli che danno su via San Bartolomeo, le cui mensole sono costituite da fine sculture rappresentanti due grifi e due cavalli alati con coda pisciforme cavalcati da due putti, e quello che sovrasta il portale d’onore che dà su piazza Italia composto da mensole decorate con motivi fogliacei e mascheroni.
Storicamente la sua costruzione si fa risalire intorno al 1770.
Palazzo del Municipio (Sec. XX)
Il Palazzo del Municipio, unico monumento civile all’interno di uno spazio religioso ed aristocratico, è posto all’imbocco della via Francesco Mormino Penna ed è prospiciente all’omonima piazza dove anticamente esisteva la chiesa di S. Maria La Piazza demolita alla fine dell’Ottocento.
L’imponente costruzione, progettata intorno al 1900 dall’ingegnere netino Sergio Sallicano, fu realizzata all’inizio del Novecento, esattamente tra il 1902 ed il 1906, sopra l’area del demolito ex Monastero di S. Giovanni.
Dal punto di vista architettonico il palazzo del Municipio si presenta con una linea sobria e al tempo stesso elegante in stile eclettico neorinascimentale caratterizzato da linee orizzontali di bugnato liscio. Il prospetto esterno si contraddistingue da un impianto stilistico formale fatto di lesene e semicolonne poggianti su alti piedistalli e di un aggettante cornicione. Le aperture sono semplici finestre a piano terra mentre sono bifore di tipo rinascimentale al primo piano. Al centro del prospetto si trova il portone d’ingresso che si raccorda alla via, in leggera pendenza, attraverso una scalinata formata da sette gradini. Il portone si presenta caratterizzato da due semicolonne tuscaniche poggianti su alti plinti concluse da capitelli corinzi.
Il palazzo, nella fiction del Commissario Montalbano, funge da “Commissariato di Vigata” e, la stanza del Sindaco, quella del questore “Luca Bonetti Alderighi”.
Palazzo Spadaro (Sec. XVII – XVIII)
Situato lungo la scenografica via Francesco Mormino Penna, nel tratto leggermente convesso prospiciente la Chiesa di S. Michele Arcangelo, Palazzo Spadaro rappresenta, tra i diversi palazzi di architettura civile presenti a Scicli, quello più sfarzoso.
Dal punto di vista architettonico il palazzo è tra quelli più interessanti per il fine intaglio delle modanature in stile rococò e liberty, per la distribuzione spaziale del prospetto all’interno del tracciato viario, leggermente curvilineo della via Francesco Mormino Penna, per la ricchezza dei fregi architettonici delle balconate decorate con inferriate convesse in ferro battuto e per i motivi geometrici spiraliformi e floreali delle mensole dei balconi.
L’ingresso principale di rappresentanza, posto a sud della facciata settecentesca, è situato di fronte all’ingresso laterale della Chiesa di S. Michele Arcangelo. Dalla rampa esterna, formata da cinque gradini in pietra, per raccordarne la strada in leggera pendenza al piano nobile, si accede all’ingresso vero e proprio del palazzo.
Un ambiente strutturato scenograficamente da una elegante scala interrotta da un pianerottolo che si raccorda con altre due rampe simmetriche su cui sono collocate sei tele dipinte, tra il 1926 ed il 1930, dall’artista avolese Raffaele Scalia. Due di queste sono poste in modo allegorico sul pianerottolo finale: la “povertà” vicino all’ingresso utilizzato dalla servitù e la “ricchezza” vicino al lato dell’ingresso utilizzato dalla famiglia Spadaro.
Il salone centrale, riccamente decorato sulla volta a guscio scandita da cornici che inquadrano la tela centrale raffigurante Apollo e le Muse (XIX sec.) di autore ignoto, è arricchito, nelle parti laterali del soffitto, da medaglioni ovali con temi allegorici e mitologici e si raccorda alle pareti laterali per mezzo di una cornice perimetrale verde smeraldo affastellata da stucchi fogliacei che assumono sembianze zoomorfe nelle tonalità oro zecchino.
Sulla parete di fondo è collocata una tela dipinta dall’artista Raffaele Scalia raffigurante una scena con Venere e Marte.
Nella sala che immette nel salone centrale è collocata la pinacoteca comunale composta da diverse tele di artisti appartenenti alla scuola di pittura e scultura contemporanea denominata “Gruppo di Scicli” cui fanno parte Piero Guccione, Franco Sarnari, Franco Polizzi, Carmelo Candiano, Sonia Alvarez, Giuseppe Puglisi, Salvatore Paolino, Giuseppe Colombo, Piero Zuccaro e Sandro Bracchitta.
La costruzione del Palazzo si fa risalire intorno al 1770.